Lacerazione Improvvisa

Allora palpita ancora
Quell’ansia sopita
Si desta improvvisa
Mi lascia basita
Bastarda mi afferra
Mi contorce nel buio
Perfora il mio petto
Un buco gigante
Dal fondo un ghigno
Sembra urlare ridendo
Un grido un sussulto
Non ce la farai
Mi brucia all’interno
Occorre fermarsi
A riprendere il fiato
Ma è una lotta continua
Una lacerazione profonda
E la mente si offusca
Perché cala la tenebra
Si vedono macchie scure
Sotto le palpebre
Bruciante anche il sapore
Delle lacrime amare
Che scivolano dentro al cuore
Le mani che sanguinano
Si aggrappano con forza
A quelle sbarre fredde
Di una cella distopica
Non è questo che voglio
E io mi perdo di nuovo
Inconsapevole della luce
Che ancora calda
Lambisce lontana
L’ingresso nascosto
Di questo pozzo infame.

Abbandono

Silente si nasconde
Il desiderio latente
Poi di colpo si ridesta
E mi trafigge il cuore
Ardente dilania la carne
Furtivo decide di andarsene
E abbandona questo involucro
Sopra a un letto sfatto
Fugge al calar della notte
E io lo osservo inerme
Il mio costato sventrato
Respiro con affanno
Piango lentamente
In questa agonia perpetua
Volevo gridargli il mio rimpianto
Esortarlo a non abbandonare
Chi a lungo ha nutrito
Ogni suo appetito infausto
Volto lo sguardo piano
Prima di perdere ogni senso
Tutto intorno si fa buio
Mi chiedo ora dove vada
A chi chieda rifugio
E semmai un giorno
Farà di nuovo ritorno
Se si insinuerà ancora dentro
Come un soffio violento
Che improvviso arriva da lontano

L’Evasione

Riascolto quella musica
Che mi fece palpitare
Inaspettati battiti convulsi
Voce potente quella dell’oblio
In cui vorrei per poco
Di nuovo rifugiarmi
Non è fuga ma evasione
Questo desiderio di staccare
Da una mente troppo fulgida
Colma di razionale aspettativa
Che nutre un corpo scattante
A stento celato dal vestito bello
In cui risuona orgoglioso mai sopito
Il voglioso desiderio di cogliere
Con voracità assoluta e totale
Folli pensieri di oscuro peccato

Non dimentico, non perdono.

Strappami il cuore
dallo in pasto ai leoni
sparami alle tempie
e bucami il cervello
ne uscirà una nube
nera come la pece
oscura come la morte
esaurita dalle mancanze
e dai disastrosi colpi
subiti da questo corpo stanco
in questo maggio vedovo
di sole abbagliante
diluvia fuori e dentro ormai
e sono investita da mille gocce
di lacrime mai versate
pensieri e sensazioni
si mescolano insieme
come questa pioggia
che osservo incessante
nel ticchettio del tempo
e l’insoddisfazione
di un fischio sibillino
chissà se pensi mai
alla lacerazione buia
scalfita nella pietra
inflittami da quel coltello
che chiamasti indifferenza
ma io sapevo bene
quale fosse il vero nome:
null’altro che falsità.

La Sete La Fame La Mancanza

Adagiata su un prato di velluto
al riparo da sguardi indiscreti
nel profumo d’erba di maggio
e di tigli che stanno rinascendo
immagino un brivido caldo
a forma di gemma rosso fuoco
che inarrestabile surriscalda
l’aria leggera che ho intorno
scivola dall’unghia del piede laccata
per girare attorno alle caviglie
solletica con ampi cerchi le ginocchia
con guizzo delicatamente forte
risale su per le cosce toniche
un attimo e si fa strada tra le gambe
con tocco leggero divampa furente
la sento scottare là sotto, è dentro
mi contorce nel basso ventre
fulgida mi percorre internamente
giunge infuocata fino all’ombelico
mi fa piegare in due per uscire
uno spasmo ed emozione a non finire
il cristallo è ora di nuovo in superficie
azzanna lo stomaco rialza il bacino
prosegue imperterrito il suo cammino
giunge sui seni rigonfi e traslucenti
si adagia si rotola si bagna a non finire
poi con un balzo è al collo proteso
mi toglie il respiro e risale potente
fin dietro all’orecchio pulsante di cuore
getto la testa esausta all’indietro
è intreccio di capelli liberati e brillanti
tra essi la gemma rossastra si districa
ed infine esplode in mille pezzetti
una miriade di coriandoli colorati di passato
sono desideri irrealizzati occasioni perdute
percorsi diversi su minuscoli vetri luccicanti
ora di nuovo il mio corpo giace silente
respiro placido, ho sete e fame
il cristallo infuocato è scomparso
e come mi cadesse la luna sul capo
mi ritrovo aderente al presente sul prato
il banale e il quotidiano mi hanno sepolta
quegli intimi e profondissimi istanti
di voluttuose sensazioni diventano ricordo
e di quella perla vermiglia già sento
la mancanza.